IN SENEGAL LE CURE MEDICHE NON RAGGIUNGONO I VILLAGGI

IN SENEGAL LE CURE MEDICHE NON RAGGIUNGONO I VILLAGGI, “OCCORRE AVVICINARSI ALLE PERIFERIE”

 In Senegal il sistema sanitario è pubblico, ma gran parte delle prestazioni sono a pagamento e i farmaci hanno un prezzo estremamente elevato rispetto al tenore di vita della popolazione. E questo per quanto riguarda le città principali, poiché se ci spostiamo nelle aree rurali le strutture sanitarie sono spesso inesistenti. Si pensi che ad oggi solo il 47,6% della popolazione del Senegal ha un facile accesso al servizio sanitario nazionale.[1] Gli operatori sono pochi e concentrati nelle grandi città; le condizioni igienico-sanitarie, le attrezzature e la formazione del personale sono insufficienti.

Laddove vi sono centri sanitari funzionanti, l’obbligo di pagamento a carico dell’utente scoraggia molti ad usufruire del servizio. Un’adeguata e gratuita assistenza non è garantita neanche in caso di gravi patologie croniche. Durante il ricovero in ospedale, inoltre, bisogna comprare all’esterno i farmaci e i medicamenti prescritti. Queste carenze sanitarie associate alla difficile situazione economica e alla diffusa impreparazione aumentano sia la tendenza ad allontanarsi dai servizi sanitari ufficiali che il ricorso a medicine alternative, sfavorendo così anche la messa in atto di sistemi di prevenzione sanitaria.

Tra le malattie più diffuse in Senegal vi sono la febbre dengue, la schistosomiasi, la meningite da meningococco e la rabbia. Molto diffusa anche la malaria – che in Senegal è endemica e presenta tassi di incidenza che variano tra le aree urbane e rurali e le diverse regioni – sulla quale il Ministero della Salute senegalese è intervenuto adottando, per gli anni 2016-2019, un Piano Strategico Nazionale (PNS). Un Piano composto da numerosi interventi a più livelli, e perlopiù affidati al sistema sanitario cosiddetto “informale”, che prende forma nelle strutture chiamate case de santé”. Si tratta di strutture sanitarie territoriali nelle quali operano agenti comunitari volontari che hanno ricevuto un tipo di formazione breve e specifica dell’attività che andranno a svolgere. Nel 2007 il Senegal ha adottato le terapie combinate a base di artemisinina (ACT) come trattamento di prima linea. Nello stesso anno, ha introdotto i test diagnostici rapidi (TDR), che dal 2017 vengono sistematicamente effettuati in caso di febbre.  Dal 2009 è stata introdotta la strategia PECADOM (Prise En charge des CAs de paludisme à DOMicile) che consiste nella presa in carico dei pazienti affetti da malaria al proprio domicilio da parte di un agente comunitario. L’implementazione della misura è stata rafforzata a partire dal 2017 e ciò ha contribuito al netto miglioramento dell’offerta sanitaria e dell’accessibilità alle cure a livello comunitario, tanto che il numero di casi confermati nel contesto di tale misura rappresentava il 12% del totale dei casi registrati nel 2019, in aumento rispetto agli anni precedenti (8.4% nel 2016). A queste misure si aggiunge la distribuzione gratuita di zanzariere impregnate di insetticida in atto a livello nazionale sin dagli anni 2008-2009, ma condotta in modo sistematico solo dal 2016, nonché il trattamento preventivo intermittente (TPI) somministrato alle donne in gravidanza.

Infine, la chemioprofilassi stagionale, conformemente alle raccomandazioni dell’OMS prevede l’assunzione di amodiachina, pirimetamina e sulfadiazina per tre giorni consecutivi ad intervalli regolari di un mese durante la stagione delle piogge nei bambini con età compresa tra i tre mesi ed i dieci anni. La misura è stata inizialmente attuata nel 2012 in quattro regioni senegalesi: Kédougou, Kolda, Sédhiou e Tambacounda. L’organizzazione delle campagne di massa si avvale anch’essa del sistema comunitario tramite il passaggio “porta a porta” di attori comunitari che si occupano della somministrazione gratuita del trattamento direttamente ai bambini target. Nel 2018, a seguito di uno sciopero del personale sanitario a livello nazionale, la CPS non è stata attuata. Nel 2019, la strategia della campagna è stata riadattata sulla base dell’evoluzione epidemiologica con l’inclusione delle regioni di Diourbel e di Kaolack e con l’interruzione della campagna nella regione di Sédhiou, nella quale era stata osservata una significativa riduzione dell’incidenza. Purtroppo, nel 2020 la pandemia ha avuto un impatto negativo sulla campagna di chemioprofilassi, così come sul ricorso alle cure, determinato dalla paura del contagio. L’obiettivo del PSN di garantire una copertura del 95% nei bambini da 3 mesi a 10 anni nelle aree target entro il 2020 non è stato raggiunto e i dati riportano che solamente l’80% dei bambini avrebbe ricevuto un adeguato trattamento.[2]

 

NEL CUORE DELLA SAVANA, IL DISPENSARIO DEDICATO A SANT’ARTEMIDE ZATTI

Le iniziative del Governo senegalese per quanto rilevanti non riescono tuttavia a raggiungere le aree più periferiche del Paese, dove manca un censimento effettivo della popolazione. Immaginiamo gli abitanti di Veligara Pont, villaggio nel cuore della savana, all’interno della regione di Tambacounda, che per raggiungere il più vicino ospedale devono percorrere 30 chilometri a piedi. Immaginiamo un luogo in cui la medicina tradizionale è ancora molto radicata e permane una forte diffidenza rispetto all’assunzione di farmaci comuni. Dove è complicato sapere effettivamente quanti uomini, donne e bambini vivono, e ancor più difficile, se non impossibile allo stato attuale, effettuare una campagna vaccinale adeguata.

In questo villaggio Associazione Don Bosco 2000 ha istituito nell’agosto 2022 un dispensario, aperto ogni giorno della settimana, dove medici volontari locali operano per garantire un minimo di cure adeguate. Il dispensario della Maison Don Bosco è stato titolato a Sant’Artemide Zatti, in quanto modello di santità laica salesiana. “Sentiamo questa figura particolarmente vicina poiché è stato un migrante lui stesso, dall’Italia all’Argentina, in un tempo di grandi migrazioni”, spiega Cinzia Vella, direttrice generale di Associazione Don Bosco 2000, “e poi perché è stato un operatore sanitario competente e amorevole verso i malati, soprattutto quelli di periferia, in un tempo pandemico”. Artemide Zatti si dedicò infatti ai malati di tubercolosi nell’ospedale di San José, a Viedma, in Argentina.

Un ambulatorio dove ogni mattina si raggruppano mediamente una ventina di persone, per la maggior parte bambini (50%), poi donne (30%) e uomini (20%) che presentano anemia da malnutrizione, dolori addominali da alimentazione ipoproteica o malattie della pelle: dermatiti, scabbia, infezioni di vario genere. Molti bambini hanno problemi di vista e congiuntiviti. Per non parlare di banalissime malattie respiratorie che tendono irrimediabilmente ad aggravarsi se non curate in maniera adeguata e tempestiva. E poi donne incinte che per tutto il corso della gravidanza non hanno mai visto un’ecografia dei propri figli.

Non mancano le vittime di incidenti molto comuni legati all’utilizzo del fuoco in mancanza di rete elettrica. Come il caso di Sirà, una bambina di soli 17 mesi arrivata al dispensario con gravissime ustioni su gran parte del corpo – viso, torace, addome e gambe – causate dalla caduta di un pentolone di acqua bollente messo a scaldare sulla brace. Curata per mezzo della medicina tradizionale – carbone, dentifricio e benzina – la situazione si aggravò a tal punto da indurre i genitori a chiedere finalmente aiuto al dispensario. I miglioramenti oggettivi raggiunti dai medici hanno alimentato la fiducia delle persone del villaggio verso i cooperanti, base fondamentale per ottenere importanti risultati.

Occorre creare più dispensari nelle periferie, più vicine ai vari villaggi”, continua Cinzia, “elargire consulenze mediche itineranti per i villaggi e favorire la sensibilizzazione per alimentare la fiducia verso la medicina scientifica”. Il dispensario di Velingara, infatti, rappresenta oggi un punto di riferimento non solo per il villaggio in cui è situato, ma anche per gli altri quattordici villaggi del circondario.

 

 

 

 

LA SENSIBILIZZAZIONE QUALE BASE IMPRESCINDIBILE PER UNA CURA EFFICACE

 

Come visto, il ricorso fedele alla medicina tradizionale – riti e uso di erbe – spesso non fa che esacerbare problemi già esistenti.  “Possiamo considerare una vittoria già il semplice fatto che le persone abbiano iniziato a fidarsi, che vengano al dispensario per farsi curare”, aggiunge Marco Canzonieri, cooperante dell’Associazione “dobbiamo insistere nella formazione del personale sanitario nella sensibilizzazione delle persone”.

L’istituzione del dispensario, d’altra parte, è il risultato naturale di un percorso che Associazione Don Bosco ha iniziato nei villaggi negli anni precedenti. Un’opera di sensibilizzazione itinerante tra i villaggi della regione di Tambacounda legata ai temi dell’educazione e dei comportamenti igienico-sanitari volta ad attivare la fiducia. “Le madri iniziarono pian piano ad affidarci i propri figli per le cure mediche”, racconta Cinzia, “e da lì nacque l’idea di adibire una stanza dell’oratorio a dispensario, in risposta ad un’esigenza reale”.

L’importanza della sensibilizzazione riguarda tematiche che non riguardano solo la salute in senso stretto, tanto che Don Bosco 2000 ha realizzato per il 2022, nell’ambito di Beteyà EDU, in collaborazione con l’Associazione locale di Tambacounda Team Mohf, presieduta da Madame Camara, una campagna di sensibilizzazione per quindici donne del distretto di Gourel sul tema dell’emancipazione femminile. Il progetto si è sviluppato su sei incontri presso la sede di Don Bosco 2000 a Tambacounda sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, sulla pratica delle mutilazioni genitali e delle loro conseguenze, ma anche e sulla problematica dei matrimoni e delle gravidanze precoci, che interessano la maggior parte delle bambine dei villaggi. Il fine ultimo dell’iniziativa è stata la fondazione di un’associazione tra le donne coinvolte. È davvero importante collaborare con le associazioni locali per riuscire a sensibilizzare la popolazione dei villaggi”, spiega Agostino Sella, presidente di Don Bosco 2000, “purtroppo è molto difficile eradicare certe culture tribali che partono da una mistificazione del ruolo della donna”.



[1] Fonte: crprotezioneinternazionale.wordpress.com/senegal/

[2] Fonte: www.saluteinternazionale.info