SENEGAL: L’ECONOMIA IN CRESCITA DIVARICA LA FORBICE DELLA POVERTÁ NELLE AREE RURALI

I tassi di crescita dell’economia senegalese hanno registrato negli ultimi anni valori record. L’adozione del programma “Plan Senegal Emergent”, lanciato dal Presidente Macky Sall nel 2014, ha portato a una crescita costante. Nel 2021, infatti, il Senegal è stato la 17esima economia africana, con un PIL pari a 27 miliardi di dollari e un PIL pro capite di 1600$. Tuttavia, se una parte di Stato si è aperto a una stagione di nuovi accordi commerciali e attività produttive, permangono aree in cui la povertà colpisce impietosamente.

Il Senegal, punto di scalo per la navigazione verso il Sud America e verso i porti meridionali dell’Africa Occidentale, fa parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (ECOWAS) e ha aderito all’area di libero scambio africana (AfCFTA). Indipendente dal 1960, il Senegal è uno Stato tradizionalmente democratico che gode di una politica tendenzialmente stabile. Il Piano di rilancio del Paese ha previsto interventi specifici in alcuni settori chiave, e si è strutturato su tre piani diversi: la trasformazione strutturale dell’economia e della crescita; il capitale umano, la protezione sociale e lo sviluppo sostenibile; la governance, le istituzioni, la pace e la sicurezza. Ed è stato concepito per essere attuato in una fase iniziale di sviluppo economico, tra il 2014 e il 2018, seguita da un aumento in fase di sviluppo previsto fino al 2023, con un successivo periodo di espansione, che dovrebbe concludersi nel 2035.
I dati dell’Ministero dell’economia senegalese rendono la fotografia di un Paese che ha superato la recessione, dovuta alla crisi pandemica del 2020, con una crescita inaspettata dell’1,5%, a inizio emergenza, e al 6,8% al termine della pandemia, questo grazie al rilancio dell’attività economica e alla buona performance del settore agricolo. Nel 2021, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato una crescita del 5%, tendenza che si prevede mantenuta per il 2022 e in aumento (al +10%) per il biennio 2023-2024.

Il tasso di crescita elevato, tuttavia – come per altri Stati dell’Africa occidentale – porta con sé una forbice in controtendenza che continua ad aumentare. Come spiega Agostino Sella, Presidente dell’Associazione Don Bosco 2000 da anni impegnato sul campo, vi è una forte migrazione interna che porta la popolazione a muoversi dalle aree interne alle zone costiere, in particolare verso Dakar e Saint Louis. Si consideri, infatti che il Senegal – suddiviso a livello amministrativo in 14 regioni – raggiunge il tasso di urbanizzazione del 47%; oltre 1/5 degli abitanti vive nell’area urbana della capitale Dakar (1.439.000 ab., 3.548.000 aggl. urbano), che comprende anche le città di Pikine (1.470.000 ab.) e Guediawaye (414.000 ab.), mentre Touba (965.000 ab., 1.201.000 aggl. urbano) e Thies (395.000 ab.) sono i maggiori centri urbani del resto del Paese. Un’urbanizzazione feroce che tenderà ad aumentare a dismisura da qui al 2050. Di contro le regioni interne, come l’area di Tambacounda, la quale conta 650mila abitanti censiti, mantengono un tasso di povertà estremamente elevato, con infrastrutture pressoché inesistenti. A ciò si aggiungono, come già sollevato nei nostri precedenti articoli, un sistema sanitario inefficiente e una povertà educativa allarmante. A conferma, giungono i dati dell’Agenzia nazionale di statistica e demografia (Ansd), secondo cui il numero dei poveri tra il 2011 e il 2018 in Senegal è aumentato, mentre si attesta al 50,9% il numero di persone che si percepisce povera. A ciò si aggiungono le ripercussioni causate dalla pandemia di covid-19 sulle condizioni di vita di gran parte della popolazione, che risultano notevolmente deteriorate.

IL’Associazione Don Bosco 2000 ha avviato, a partire dal 2016, start-up agricole, orti e pollai, nella regione di Tambacounda, in particolare nei villaggi di Wassadou, Netteboulou e Velingara Pont. L’attività, che comprende anche il supporto di cure mediche e kit scuola per i bambini del luogo, si avvale dell’aiuto dei migranti di ritorno, in un’ottica di restituzione, non solo di beni di prima necessità ma anche di competenze. Una scelta, quella di abbandonare le aree di comfort a favore delle zone più disagiate, in cui l’Associazione crede fermamente. Se “è vero che bisogna creare attività generatrici di reddito”, spiega infatti Agostino, “non possiamo dimenticare di garantire i diritti minimi alle popolazioni”.