SFRUTTAMENTO LAVORATIVO IN ITALIA: CREARE COSCIENZA PER USCIRE DALL’INVISIBILITÁ

Lo sfruttamento lavorativo è una piaga diffusa a livello globale. Le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), per il 2021, rivelano la presenza di 49.6 milioni di persone ancora soggette a schiavitù, di cui 27.6 costrette al lavoro forzato. Di queste ultime, 17.3 milioni vengono sfruttate nel settore privato, 6.3 milioni nel commercio sessuale forzato e 3.9 milioni in forme di lavoro forzato imposte dallo Stato.¹

Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo interessa anche l’Italia in diversi settori, sebbene resti predominante nel settore agricolo. Nel corso degli ultimi anni il governo italiano ha introdotto interventi normativi volti a prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo e l’intermediazione di manodopera e il lavoro forzato in agricoltura, anche attraverso la ratifica delle Convenzioni dell’ILO sul lavoro forzato – tra cui la Convenzione n. 29 del 1930 sull’abolizione del lavoro forzato e la Convenzione n. 105 del 1957 – e sull’organizzazione del servizio di collocamento previsti dalla Convenzione ILO n. 88 del 1948 e dalla Convenzione n. 181 del 1997 sulle agenzie private per l’impiego. Ricordiamo, in particolare, la legge n.199 del 2016,² volta a a contrastare il fenomeno criminale del caporalato e ad introdurre nuove forme di supporto per i lavoratori stagionali in agricoltura. Inoltre, nel 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) ha istituito il Tavolo operativo inter-istituzionale per adottare una strategia organica per la prevenzione e il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e promuovere il lavoro dignitoso. Si tratta di un’Azione, cofinanziata dal Programma di sostegni alle riforme strutturali della Commissione europea e dell’ILO, che si focalizza su tre principali aree di intervento: prevenzione, monitoraggio e sviluppo di politiche nazionali in materia di sfruttamento lavorativo.³ Secondo quanto emerge dal IV Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo, realizzato da Flai Cgil, se a seguito dell’adozione della legge n. 199 le inchieste in materia di caporalato sono aumentate esponenzialmente, le segnalazioni da parte dei lavoratori sfruttati sono ancora una minima parte (poco più del 10% dei procedimenti è basato su denunce), e provengono principalmente da aree dove sono presenti sistemi di collaborazione con le procure o altri enti sul territorio. Tra i settori coinvolti, oltre a quello agricolo, sono consistenti i casi di lavoratori e lavoratrici impiegati nel volantinaggio, nei distributori di benzina o negli autolavaggi, nella logistica o nei trasporti. Rilevanti anche i casi dei settori industriali legati alla manifattura tessile, lavorazione del pellame e cantieristica navale. Le vittime sono prevalentemente stranieri (il 74% delle inchieste riguarda persone non nate in Italia), ma si registra un aumento di casi di sfruttamento ai danni di cittadini italiani. Il dato più allarmante, tuttavia, è l’aumento dei minorenni sfruttati. Una condizione denunciata a più riprese da Save the Children – sono 160 milioni i bambini tra i 5 e i 17 anni, nelle maglie dello sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà costretti a svolgere lavori duri e pericolosi – e acuita dalla pandemia. A fronte di un aumento della disoccupazione, infatti, molte famiglie si sono trovate a sperimentare una situazione di povertà e questo anche a causa del non agevole accesso agli ammortizzatori sociali.

Per quanto riguarda il Sud Italia, dal Rapporto emerge che le inchieste sull’agricoltura nel Meridione sono poco più della metà di tutti quelli che coinvolgono lavoratori agricoli: 31 su 55 per il 2019; 24 su 51 per il 2020; 28 su 49 per il 2021. In Sicilia, si è insediato, nel luglio 2022, il Tavolo regionale di contrasto al grave sfruttamento lavorativo e al caporalato. Un’iniziativa che rientra all’interno delle attività del Programma Su.Pr.Eme. Italia finanziato dai fondi Amif – Emergency Funds della Commissione europea – Direzione generale Migration and home affairs. Come emerge dai dati delineati finora, l’emersione del fenomeno di caporalato è strettamente legata alla possibilità, per i lavoratori sfruttati, di maturare una consapevolezza della propria condizione, da un lato, e di trovare un sostegno nelle istituzioni dall’altro. L’intervento della società civile, in tale senso, gioca un ruolo fondamentale. L’Associazione Don Bosco 2000 a Villarosa, sui terreni confiscati alla criminalità organizzata, ha avviato una mostra per sensibilizzare i giovani e le scuole al tema del contrasto al caporalato. Un tassello importante per formare una coscienza condivisa su una problematica che, sotto gli occhi di tutti ogni giorno, condanna ancora troppe persone all’invisibilità.


1 Fonte: www.ilo.org |
2 Legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura”.|
3 Fonte: https://www.ilo.org/rome/approfondimenti/WCMS_751093/lang–it/index.htm |
4 Fonte: Agromafie e Caporalato, IV rapporto, a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto. |
5 Fonte: www.savethechildren.it |